I termini italiani derivati dal gerundivo latino

Il gerundivo (da non confondere con il gerundio) era, in latino, un aggettivo verbale, vale a dire un aggettivo derivato da un verbo. Questo indicava la necessità o il dovere di compiere una certa azione, e veniva formato aggiungendo il suffisso -ndus, -nda o -ndum a un verbo. In italiano si può riscontrare in alcuni termini, a volte per evoluzione e altre volte deliberatamente per attribuirgli un significato analogo a quello che aveva il gerundivo. Nella seguente lista li dividerò in quattro principali categorie: dal maschile o dal neutro singolare, dal femminile singolare e dal neutro plurale, aggettivi (quindi non da uno specifico genere grammaticale) e su modello del gerundivo.

La prima categoria riguarda i sostantivi che terminano in -ndo e sono giunti in italiano per evoluzione. Il maschile e il neutro, in latino, veniva resi rispettivamente (per gli aggettivi della prima classe, che condividono la declinazione maschile e neutra con la seconda declinazione dei sostantivi) con la desinenza -us e -um al nominativo; in italiano, per la totalità dei termini derivanti da parole di questa declinazione, è stata usata la desinenza -o, che era propriamente quella del dativo e dell’ablativo. I principali termini sono quelli riguardanti i termini di un’operazione matematica: addendo (da addendum, gerundivo di addĕre «aggiungere»; in inglese addĕre è diventato add), minuendo (da minuendus, gerundivo di minuĕre «diminuire»), sottraendo (da subtrahendus, gerundivo di subtrahĕre «sottrarre»), moltiplicando (da multiplicandus, gerundivo di multiplicare «moltiplicare») e dividendo (da dividendus, gerundivo di dividĕre «dividere») derivano tutti dal gerundivo.

La seconda categoria riguarda i sostantivi che terminano in -nda e sono giunti in italiano per evoluzione. Per quanto riguarda il femminile, il nominativo singolare (sempre dei nomi facenti parte della prima classe) era in -a, quindi la desinenza è rimasta la stessa e non ha cambiato genere. Il latino aveva, però, oltre al maschile e il femminile, il neutro, che veniva usato principalmente per oggetti e questo finiva al plurale con -a e, in alcuni casi, sempre al plurale, indicava «le cose» con la parola in sé; per esempio, nel caso dei gerundivi, odienda sarebbero «le cose da odiare», audienda «le cose da ascoltare», eccetera. Questi termini in italiano sono stati resi, senza variare la desinenza, femminili: il singolare finisce in -a e il plurale finisce in -e. I principali termini, tra quelli di genere femminile sono locanda, lavanda e propaganda. Locanda deriva dal gerundivo di locare, che significava «affittare» ed è al femminile perché domus «casa», era sottinteso. Lavanda probabilmente deriva dal gerundivo di lavare «lavare», perché usata per profumare l’acqua nella quale lavarsi. Propaganda, invece, deriva dal gerundivo di propagare «propagginare», e viene dalla denominazione della Sacra congregazione pontificia De propaganda fide. Tra quelli neutri plurali, invece, ve ne sono svariati: faccenda (e azienda), leggenda, merenda, vicenda e vivanda (e bevanda).

  • Faccenda deriva da facienda, gerundivo di facĕre «fare». Anche azienda deriva dallo stesso gerundivo, ma è cambiato ulteriormente perché è passato per lo spagnolo antico hazienda.
  • Leggenda deriva da legenda, gerundivo di lĕgĕre, che propriamente significava «raccogliere» ma poi ha assunto il significato di «leggere». Infatti una leggenda è una storia da leggere, e la leggenda (spesso scritto come legenda) di una piantina è la parte da leggere per comprendere la stessa.
  • Merenda deriva dal gerundivo di merere «meritare», perché era il pasto in più che si poteva ottenere per aver fatto un buon lavoro.
  • Vicenda deriva dal gerundivo da *vicere¹, derivato da *vix «vece» (il nominativo, come il verbo derivato, è ipotizzato perché non è stato ritrovato).
  • Vivanda deriva dal francese viande «carne», che deriva a sua volta da vivenda, gerundivo di vivĕre. È, infatti, una delle cose necessarie per vivere. Bevanda è collegata perché il suffisso di vivanda è stato aggiunto a bevere (forma arcaica di bere), proprio per affiancarlo al termine per il cibo, sulla falsariga di docente e discente.

La terza categoria riguarda gli aggettivi: potendo essi essere concordati al genere del sostantivo a cui sono abbinati, non trovo sensato piazzarli in un’altra categoria. I principali sono stupendo, tremendo e orrendo. Stupendo deriva da stupendus, gerundivo di stupēre «stupire», perché è qualcosa che stupisce per la sua bellezza; Tremendo deriva da tremendus, der. di tremĕre «tremare», perché incute timore al punto di farti tremare; orrendo deriva da horrendus, gerundivo di horrēre «provare orrore», perché desta un senso di orrore.

Mizore è stupenda.

L’ultima categoria, invece, riguarda i sostantivi e aggettivi moderni che hanno il suffisso -ndo proprio per dare l’impressione di qualcosa da farsi: cresimando, laureando e maturando indicano una persona che sta per (e quindi deve) attraversare un momento importante nella sua vita, rispettivamente la cresima, la laurea e l’esame di maturità. Analogamente è stato coniato il termine operando, che serve a indicare in generale i termini di un’operazione matematica.

Va citato, inoltre, il caso di referendum: questo termine, importato invariato dal latino, è il gerundivo neutro del verbo referre «riferire», e viene dalla locuzione ad referendum «per riferire», con convocatio «convocazione» sottinteso.

 

Note

1. Quando si parla di vocaboli ipotizzati si mette un asterisco prima della parola.

Fonti

  • Savigliano, Claudia. Corso di latino. Teoria ed esercizi. Vol. 2. Milano: Editore Urlico Hoepli, 2019, pp. 139-140
  • Vocabolario on line su treccani.it (varie voci)